Taormina, splendida cornice dell’evento Taormina Gourmet (ve ne avevamo già parlato l’anno scorso) che ormai va avanti da sette anni e che vede come protagonisti i veri artigiani enogastronomici della Sicilia, tra produttori, vignaioli, chef e pizzaioli. Il valore aggiunto della settima edizione saranno le giornate dedicate alla formazione. In concomitanza con l’evento, infatti, e precisamente dal 22 al 25 ottobre, in diverse sedi a Taormina e intorno all’Etna, verranno proposti seminari di un giorno tenuti da docenti ed esperti del settore: si parlerà di enologia, vinificazione e potatura della vite, enoturismo e produzione di birra artigianale di qualità. La location dell’evento è il prestigioso Hotel Villa Diodoro che gode di uno dei più bei panorami al mondo con vista sulla costa di Taormina.
Il nostro battesimo al TG non poteva che essere con la mia amata pizza, iniziando da quella di Dario Genova di Ozio Gastronomico chiamata “Maneggiare con gusto”: tartare di bovino inglese condita con senape al miele, battuto di capperi ed erba cipollina, formaggio Cusiè al tartufo nero diBeppino Occellie avocado su impasto di segale e grano duro siciliano. Direi che iniziamo con il piede giusto.
Si continua con una “semplicissima” degustazione alla cieca di dodici rossi tra Barolo ed Etna tutte dell’annata 2015 (io ne ho azzeccati 4/12, poteva andar peggio no?). Ho imparato tanto da questa #blindtasting (lo sapete che ormai fa figo usare parole inglesi…): due territori così diversi, stessa annata ma con climi diversissimi, nelle langhe un’estate calda connotata da una vendemmia anticipata, mentre Sull’Etna al contrario l’annata è stata fredda, con un inverno molto rigido. Parliamo di monovitigno Nebbiolo, mentre sull’Etna ancora si parla di Nerello Mascalese e Cappuccio ma il trend sta andando verso l’uso del solo Nerello Mascalese al 100% e poi la differente “quota altimetrica” per le vigne del Nebbiolo si va dai 180 ai 450 metri sul livello del mare, mentre le vigne etnee si trovano dai 400 ai mille metri. Insomma, due grandi protagonisti che da sud a nord o da nord a sud uniscono l’Italia in un solo “assaggio”. Le etichette degustate:
- Doc Etna Rosso Contrada Santo Spirito 2015 – Palmento Costanzo
- Doc Etna Rosso Guardiola 2015 – Alta Mora, Cusumano
- Docg Barolo Liste 2015 – Borgogno
- Doc Etna Rosso Archineri 2015 – Pietradolce
- Docg Barolo Lazzarito 2015 – Casa E. di Mirafiore
- Docg Barolo Ascheri Coste & Bricco 2015 – Ascheri
- Doc Etna Rosso Arcuria 2015 – Graci
- Docg Barolo 2015 – Cascina Fontana
- Docg Barolo Rocche Rivera 2015 – Figli Luigi Oddero
- Contrada R 2015 – Passopisciaro
- Doc Etna Rosso Riserva Zottorinoto 2015 – Cottanera
- Docg Barolo 2015 – Rinaldi
Passiamo poi al mondo che io tanto amo, quello dei formaggi, con una degustazione di cinque Provole dei Nebrodi D.O.P. Consorzio Del Formaggio Provola Dei Nebrodi con diverse stagionature tenuta dal docente Giuseppe Licitra che ha spiegato l’importanza della nostra biodiversità, dei pascoli naturali, del macro e micro clima, del latte crudo e non pastorizzato e di come riconoscere e preservare una D.O.P. Da segnalare e assolutamente da PROVARE la Provola con dentro il limone verde (avete capito bene…! ): prima il limone viene sbollentato per evitare la contaminazione, viene inserito all’interno della forma e dopo 6/7 mesi di stagionatura il succo del limone si è disperso nel formaggio, donando una struttura più soffice, armonica ma soprattuto agrumata.
Colpo di scena con il piatto “Il mare è oro” di Francesco Piparo che ci ha preso “bonariamente in giro” presentando non il classico guanciale, ma bensì uno fatto SOLO con la seppia! Eravamo tutti sconvolti perchè era esteticamente uguale all’originale. Abbiamo apprezzato anche la scelta di abbinare le lumache di mare cotte al sale che spesso vengono viste solo come scarti in cucina. “Rigatoni grezzi alle patate con ragù di lumache cotte al sale, guanciale di seppia e spuma di Piacentino Ennesse”… che rivelazione! Da segnalare l’abbinamento assolutamente riuscito con la bollicina di Principi di Butera, un metodo charmat che esalta il profumo del Nero d’Avola, non a caso chiamasi “Nero Luce” lo splendore di un perlage che racconta uno dei più famosi vitigni siciliani a bacca rossa.
… continuando … Una masterclass speciale, abbinando i nostri formaggi siciliani – Fior di Garofalo, Tuma persa, Maiorchino e Piancentino Ennese – a delle birre stratosfericamente buone del birrificio sardo Barley – Birra artigianale, con la simpatia e la bravura di Lorenzo Dabove… saremmo riusciti a seguire anche un torneo di bocce e credo che insieme al mio amico Pietro Pappalardo, delegato Onaf Sede Nazionale Sicilia … abbiano fatto loro il matrimonio perfetto! Che oratori ??! Da segnalare e assolutamente da assaggiare l’ultima birra la “BBevò” preparata con la sapa, ovvero il mosto cotto utilizzato per condire i dolci sardi.
Ecco la parte che Laura ha amato di più, perchè l’ha vista coinvolta nella conduzione del cooking show pizza (novità di quest’anno del Taormina Gourmet). I pizzaioli a confronto venivano dagli antipodi della Sicilia: per Palermo Roberto Spinelli della pizzeria Funnaco mentre per Messina Matteo La Spada della pizzeria L’orso. Partiamo dalla pizza di Roberto: la “Funnaco”, pizza di punta dell’omonimo locale: salsa di datterino giallo, pomodorini confit homemade, mozzarella fiordilatte ( che nella versione preparata a Palermo prevede la bufala), basilico e caviale d’olio. La peculiarità è di essere una pizza “a la cloche” con un’affumicatura a legno di ulivo a freddo in ricordo del sapore dei vecchi forni a legna. La pizza invece di Matteo, racconta il mare e per questo chiamata “Perla del Mediterraneo”: dall’impasto, nero grazie al contributo del nero di seppia, fino al topping: crema di ricotta di pecora ai ricci, il gambero rosso crudo e il caviale, e una decorazione di fiori edibili.
Due grandi pizzaioli, capaci di vivere la loro passione con onestà intellettuale e grande rispetto verso i clienti ed il territorio in cui vivono. Un vero confronto tra chi opera ogni giorno con sacrificio, dedizione e competenza.
Andiamo ad un altro amico, che ha cambiato da un po’ residenza (nel senso che a Palermo città bazzica poco) ma è sempre nei nostri cuori perchè umile come pochi, preciso, attento, bravo e stacanovista: parliamo di Gioacchino Gaglio. Purtroppo arrivata tardi al suo cooking show ho perso la parte più bella, quella del suo racconto, di quelle parole che lui sa sommessamente far arrivar ai nostri cuori ed il suo piatto parla categoricamente di tradizione ma ci spiazza perchè “CAPO NATA”… si presenta come un raviolo con dentro pensate un po’ … il capone! Infatti chi ben ha studiato la storia della nostra cucina sa che il termine caponata derivi da “capone” in riferimento all’omonimo pesce pregiato (meglio conosciuto come lambuga) che nel 1700 veniva preparato in agrodolce per aristocratici e classi agiate, poi i ceti umili, desiderosi anch’essi di provarla, sostituirono il pesce alle molto più economiche melanzane ed ecco il gioco è fatto: voilà la caponata per come la conosciamo noi e Gioacchino ha ripreso le vesti antiche del piatto, sfilettando il pesce, riducendolo a tocchetti e marinandolo e poi ponendo all’interno una salsa di cipolla, olive, capperi e l’agrodolce fatto con miele, pomodoro e pasta di acciuga… effetto wow, assicurato!
… e ancora di formaggi, ma questa volta del più clonato ed invidiato al mondo, il Parmigiano Reggiano. Abbiamo avuto il piacere di assistere ad una verticale di differenti stagionature del suddetto formaggio, tenuta da Mario Guareschi dell’omonimo caseificio della zona di Parma, che rappresentava anche il consorzio: dai 12 ai 50 mesi, dalla stagionatura minima prevista dal disciplinare si arriva a quella “strong” impegnativa che non lascia spazio a perplessità. Speziato e con aromi che ti portano fin in paradiso, avremmo voluto rubare la forma e metterla vicino al letto per la sera insieme al cuscino, poi ci abbiamo riflettuto troppo e la nostra onestà ci ha bloccato… mannaggia!
Andiamo a Villa Costanza Ristorante Pizzeria dal mio amico Marco Durastanti per assistere ad una preparazione di un padellino 100% di farina Maiorca (grano tenero siciliano); complimenti per la scelta di grani antichi dell’isola, con accostamenti davvero interessanti, come il cappero candito nella Malvasia di Salina, i cucunci, il prosciutto cotto e la bufala ragusana ed infine una polvere di capperi. Diciamo che c’è molto delle Eolie e di Salina, non a caso questa pizza è un omaggio ad una delle isole più belle al mondo, dove persino Troisi decise di girare le scene memorabili de “Il Postino”…dimenticavo il pizzaiolo, un giovanissimo Francesco di Stefano, bravo!
Infine ma non per importanza, un sentito plauso a chi è stato dietro le quinte del Taormina Gourmet, a chi ha, ancora una volta, saputo organizzare e gestire tutte le “anime” di questa manifestazione, tra stress, ansie, contrattempi, incomprensioni… eccetera eccetera.
Vi raggruppiamo tutti sotto #teamcronachedigusto perchè siete “assai”. Grazie ancora e ci vediamo al Taormina Gourmet 2020 ??.