La Sicilia è il paese delle meraviglie per gli amanti dei prodotti della natura ed in particolare per quelli del Pistacchio. Oltre al celeberrimo Pistacchio di Bronte, un’altra zona dell’isola regala frutti superlativi: Raffadali. Ecco perché la scorsa settimana ci siamo recate in quel di Agrigento in occasione del Fastuca Fest. Cooking Show, laboratori, convegni… insomma, tutto il necessario per una vera e propria full immersion nel mondo del pistacchio.
Fastuca è l’antico nome del pistacchio, pianta da frutto nata in Medio Oriente e diventata tipica della nostra Sicilia grazie alla dominazione araba. Dopo un lunghissimo iter, finalmente, il Pistacchio di Raffadali sta per ottenere l’agognato marchio DOP, diventando il secondo dell’isola. Il pistacchio è diventato il promotore di un territorio ed è proprio in quest’ottica che 5 anni fa è nato il Fastuca Fest.
Il pistacchio di Raffadali è molto ricco di oli (caratteristica che lo rende particolarmente adatto all’utilizzo in cucina ed in pasticceria), ha un gusto delicato e naturale, versatile e non troppo grasso. Un’associazione, guidata dal Presidente Rino Frenda si occupa della tutela e della promozione di questo straordinario prodotto. 100 sono gli associati tra produttori e trasformatori su 31 comuni della provincia di Agrigento e 2 della provincia di Caltanissetta.
Le cultivar sono le stesse del pistacchio di Bronte (la Bianca Napoletana, che è la cultivar più utilizzata, la Cappuccia e la Grappalora), la differenza la fanno il clima e soprattutto il terreno: vulcanico nel caso di Bronte, calcareo e sabbioso nel caso di Raffadali. La produzione del pistacchio non è affatto semplice ma, come quasi tutte le cose migliori, richiede molta pazienza. Infatti, i frutti si iniziano a raccogliere dopo circa 6/7 anni dall’impianto; tutto ciò lo rende un frutto ancora più speciale. La raccolta del pistacchio avviene tra la metà di agosto e l’inizio di settembre, in due diversi momenti che di solito si susseguono in 7/15 giorni perché i frutti non maturano tutti insieme. I frutti della prima raccolta vengono detti di prima mano. Dopo la raccolta si può procedere in due modi diversi: il pistacchio viene messo ad asciugare al sole con il mallo (il guscio) o senza e quindi fatto asciugare solo con il secondo guscio. Con il guscio, i pistacchi, si conservano meglio e seguendo alcuni accorgimenti possono durare anche per un paio di anni. Molti produttori li vendono direttamente così. Anni fa, invece, erano le donne a sgusciare questi deliziosi frutti, semplicemente usando una pietra. La difficoltà stava nel togliere il guscio senza rompere il seme perché i pistacchi interi venivano venduti ad un prezzo più alto. Dunque, più erano abili le donne, più il prodotto fruttava al coltivatore. Questa operazione veniva fatta nel momento in cui il prodotto doveva essere venduto, non prima.
I primi pistacchieti della zona risalgono al 1300. Prove storiche dimostrano che già a fine 1300 esisteva l’arte della lavorazione del pistacchio e del proprio uso in pasticceria. Era stato un uomo arabo, assunto come tutto fare dalle monache del Monastero di clausura del Santo Spirito di Agrigento a portare le tecniche dall’oriente. In particolare la ricetta più antica era quella del Cous Cous dolce fatto con il Pistacchio di Raffadali. Le monache l’hanno tramandata alle novizie ed ancora oggi nel monastero viene eseguita la vecchia ricetta.
Andiamo adesso alle attività del Fastuca Fest alle quali abbiamo partecipato. Tra i vari cooking show abbiamo assistito a quello di Nino Ferreri, giovane chef arrivato da pochissimo a Villa Athena che ha deliziato i nostri palati con un primo “Fusillone di pasta fresca, pesto di pistacchio salato frullato con latte di mandorla, pistacchio crudo e basilico, spuma di ricotta al limone verdello (tipico della stagione) ed erbe di stagione“.
Un piatto delicato in cui il pistacchio era il protagonista assoluto. In abbinamento abbiamo bevuto l’Adenzia della cantina Baglio del Cristo di Campobello, azienda della zona. A seguire, il più classico dei dolci siciliani: il cannolo! In una versione leggera e delicata nella quale il pistacchio rappresentava la ciliegina sulla torta.
Altro cooking show è stato quello della Brigata Mandrarossa, condotta dal presentatore Ivan Bacchi. Una squadra composta da sole donne nata da un’idea della cantina Settesoli per arricchire i loro eventi dedicati al vino con l’abbinamento alle ricette tradizionali della nostra terra.
Ecco cosa ci hanno preparato: Busiate, salsiccia con il finocchietto, pesto di basilico e pistacchio (metà fresco e metà tostato) e per finire il cosiddetto “formaggio dei poveri” la mollica atturrata.
Mentre come dolce hanno scelto di preparare dei “Ravioli fritti, preparati con farina di grano duro ed un pizzico di vino per l’impasto, ricotta, cioccolato, pistacchio ed olio EVO per il ripieno“… da leccarsi i baffi.
Peraltro abbiamo assistito alla preparazione dei ravioli fritti fatti dalla Brigata Mandrarossa nella sede storica della pasticceria “Le cuspidi” che abbiamo avuto il piacere di visitare seguendo tutte le varie lavorazioni del laboratorio.
Prima di iniziare, ovviamente, abbiamo assaggiato alcuni tra i migliori prodotti da loro realizzati. Una colazione ricca di gusto, tradizione e, chiaramente, a base di Pistacchio di Raffadali: ricci di pistacchio, colombine, cestino con crema di pistacchio, raviolini, gelato al pistacchio… che ve lo diciamo a fare, da perderci la testa!
Non abbiamo riempito solo i nostri stomaci ma anche le nostre teste con i racconti di Francesco Nocera, uno dei quattro fratelli titolari della pasticceria. La storia del Pistacchio di Raffadali inizia ai primi del 900 quando i territori di Raffadali e di Joppolo Giancaxio appartenevano ad Antonio Colonna Duca di Cesarò, ministro delle poste e telecomunicazioni prima e durante il governo di Mussolini (successivamente trovandosi in contrasto con l’ideologia fascista si dissociò ed abbandonò l’incarico).
Aldilà dell’impegno politico, Colonna era un appassionato botanico e grazie al suo ruolo ed alla sua famiglia di origine (una potente famiglia romana) vantava importanti conoscenze nel mondo della botanica. Ecco perché invitò numerosi esperti a visitare e studiare i suoi pistacchieti. La zona ne contava già parecchi risalenti a circa 200/300 anni prima, in particolare nei suoi terreni ce n’erano due così grandi da raggiungere un’altezza superiore a 12 m; inoltre, riuscivano a produrre fino a 250 Kg di pistacchio per pianta, quantità enorme dato che in media una pianta di pistacchio produce circa 30/40 Kg di frutti. Purtroppo oggi questi due maestosi esemplari non esistono più. Tutto ciò è stato raccontato anche dal celebre botanico Bonifacio. Insieme a questi studiosi, il duca impiantò nuovi pistacchieti nella zona. Colonna mandava i pistacchi ed i dolcini al pistacchio realizzati dalla bisnonna dei Nocera ai circoli della nobiltà palermitana accrescendo la fama del pistacchio locale. Questi racconti gli sono stati tramandati dai bisnonni che lavoravano proprio nel castello di Colonna e che lo gestivano in sua assenza. Periodicamente il duca tornava a Raffadali ed imbandiva grandi ricevimenti, era la bisnonna di Francesco a preparare tutti i piatti, compreso il dolce che era la sua specialità e prevedeva l’utilizzo di pistacchi e mandorle locali. Quando il duca è andato via il bisnonno di Francesco ha deciso di acquistare le terre che aveva coltivato per tutta la vita.
I nonni, invece, avevano una bottega nella quale si vendeva un po’ di tutto, dall’olio al pane, e dove spesso ricevevano ordini di dolcini a base di pistacchio da regalare. Possiamo affermare, quindi, che il pistacchio ed in particolare i dolci al pistacchio erano nel destino della famiglia fin dalle sue origini. Ecco perché nel 1960 i genitori dei fratelli Nocera hanno aperto Le Cuspidi e da allora hanno continuato la tradizione familiare, arricchendola, ovviamente, di gustose novità. È una delle poche aziende che fa l’intera lavorazione dall’ingrediente al prodotto finito, non si serve di semi lavorati.
I nostri assaggi non sono finiti a “Le Cuspidi” ma siamo passate al torrone. Si, avete capito bene perché se è la zona di Caltanissetta ad avere il primato nell’ isola su questo prodotto, quello che abbiamo trovato qui non è da meno. Un torrone semi morbido realizzato in diverse varianti (classico, ricoperto di cioccolato bianco e pistacchio, alle arance). A produrlo è Salvatore Galvano, un giovanissimo ragazzo che ha iniziato un po’ per gioco ed un po’ per scommessa. La sua famiglia era proprietaria di una delle più importanti pasticcerie di Raffadali e tra i loro prodotti di punta c’era proprio il torrone, fatto seguendo un’antica ricetta della zona. Dopo la chiusura della sua pasticceria, ha fatto i suoi studi prendendo una strada diversa da quella dei genitori, fino a quando un paio di anni fa non si è imbattuto nel fantomatico torrone. Ricordando la bontà di quello di famiglia ha iniziato a sperimentare creandone la sua personalissima versione. Un ragazzo umile e determinato che ha dato voce alle tante belle storie di giovani che tornano alle origini cercando di rimanere e dare il loro contributo alla nostra amata terra! Noi abbiamo trovato il suo prodotto eccezionale e gli facciamo un grosso in bocca al lupo!
Negli anni 70 la politica agricola ha incentivato alcune colture e molti coltivatori di pistacchio hanno deciso di abbandonare la produzione e dedicarsi a prodotti che gli garantivano la ricezione di fondi. Tutto ciò è accaduto anche perché la lavorazione del pistacchio, come dicevamo all’inizio, è molto lunga e complicata. Per fortuna negli ultimi anni il pistacchio è stato rivalutato, anche e soprattutto dal punto di vista economico, quindi moltissimi abitanti del raffadalese e non solo, hanno deciso di riprendere la produzione.
È vero, siamo rimaste a Raffadali solo per due giorni ma grazie all’accoglienza ed al calore dei Raffadalesi abbiamo avuto l’opportunità di conoscere le storie e le tradizioni di questo eccellente prodotto e territorio. Ringraziamo tutta l’organizzazione del Fastuca Fest in particolare la giornalista Francesca Landolina per l’invito, il Presidente Rino Frenda per averci accompagnate alla scoperta di un meraviglioso ed antico pistacchieto ed averci fatto assaggiare il pistacchio appena raccolto dalla pianta, l’organizzatore del festival Salvatore Gazziano (sempre estremamente gentile e disponibile) ed i fratelli Nocera, in particolare Francesco, per averci aperto le porte di casa loro e per averci svelato un trucchetto infallibile per prevedere l’arrivo della pioggia che custodiremo gelosamente 😉
Alla prossima!