Oggi parliamo dello street food siciliano dolce per eccellenza: il cannolo! Un’icona della sicilianità nel mondo, insieme all’amata arancina. Infatti, si è appena conclusa la terza edizione del Cannolo Festival, organizzato da SanLorenzo Mercato, che ci ha viste nella giuria tecnica insieme all’attore Ernesto Maria Ponte, il maestro pasticcere Giovanni Pace e la giornalista enogastronomica Manuela Zanni.
Il cannolo, nato in occasione del Carnevale, è un dolce di origini antichissime e misteriose. Il primo a parlarne fu Cicerone, addirittura nel 70 a.C. che descrisse un “tubo di farina ripieno di morbida crema di latte”. La maternità di questo dolce non è chiara, vi sono, però, diverse leggende che lo riguardano. Secondo alcune fonti il cannolo sarebbe stato inventato dalle monache di un convento nei pressi di Caltanissetta. Altre invece, lo attribuiscono alle favorite di un sultano, il cui harem si trovava sempre nei pressi di Caltanissetta. Certo è che furono i maestri pasticceri palermitani a renderlo più raffinato e simile a quello attuale. Il nome, deriva dalle canne di fiume attorno alle quali veniva avvolto l’impasto prima di essere fritto (alcuni pasticceri le utilizzano ancora oggi).
Tre sono gli elementi imperativi nella composizione del cannolo tradizionale: la scorza o buccia, la crema e le guarnizioni. La scorza, viene realizzata con farina 00 (anche se alcuni pasticceri hanno avviato una produzione utilizzando farine siciliane), zucchero, uova, vino e/o aceto di vino (serve a creare le tipiche bolle), alcuni aggiungono anche un pizzico di cacao o di caffè e strutto. Lo strutto viene usato anche per la frittura; anche in tal senso si sta avviando un cambiamento che comporta la frittura in olio, soprattutto d’oliva. La scorza deve essere molto sottile (circa un millimetro e mezzo), croccante, dorata, con delle piccole bolle ed, ovviamente, non unta. Passiamo alla crema. La crema deve essere realizzata con ricotta RIGOROSAMENTE di pecora (ha un gusto più deciso e complesso) non freschissima, altrimenti la farcia risulterebbe troppo liquida: si aggiunge zucchero ed un pizzico di cannella. La ricotta viene setacciata, mescolata con lo zucchero e gli aromi finché non diventa una crema liscia e morbida. Solo a questo punto vengono aggiunte le guarnizioni. Tradizione vuole che venga aggiunta solo la frutta candita: agrumi, cedro, ciliegia o zucca. A discrezione del pasticcere, si possono aggiungere delle gocce di cioccolato fondente, la granella di pistacchio e mandorla. Inoltre, è fondamentale tenere a mente delle regole fondamentali per non correre il rischio di rovinare il cannolo:
- non zuccherare troppo la ricotta;
- riempire il cannolo al momento;
- mangiare il dolce entro un paio d’ore dalla farcitura.
Dopo avere parlato della sua storia e delle sue caratteristiche andiamo nel vivo del Cannolo Festival. Quest’anno in sfida c’erano quattro pasticcerie che rappresentavano sia la Sicilia Occidentale che quella Orientale:
- Caffè del Corso Fratelli Biscari, Santa Cristina Gela (PA);
- Pasticceria Giorgio Clesceri, Piana degli Albanesi (PA);
- Bar Vultaggio, Fulgatore (TP);
- Pasticceria Freni, Messina.
In ordine abbiamo:
Tutti e quattro i cannoli in gara seguono la tradizione per quanto riguarda la frittura nello strutto. Per il resto, ognuno ha delle caratteristiche che lo rendono differente dagli altri. C’è chi utilizza vino bianco con un pizzico di rosso, come Lillo Freni e Clesceri; chi usa rosato e Marsala, come Vultaggio; chi rosso, in genere Nero d’Avola, come i Fratelli Biscari. Sempre a proposito della scorza, in quelli del Caffè del Corso e del Bar Vultaggio è presente anche il cacao. La quantità di zucchero aggiunto nella ricotta è più o meno la stessa e si attesta intorno al 27% (per Kg).
Già all’aspetto i cannoli si presentano molto diversi tra loro. Quello messinese e quello trapanese sono molto lontani dagli altri due, legati alla tradizione palermitana. Il primo ha una scorza molto chiara, sottile, anche la forma è diversa e ricorda quella di un papillon. A differenza degli altri presenta scaglie di mandorle croccanti e granella di mandorle (siciliane). Freni ha sottolineato l’importanza dell’evento che esula dalla competizione e serve ad affermare il valore dell’artigianalità, caratteristica che accomuna i quattro sfidanti. Il secondo, invece, ha una forma molto più affusolata, allungata ed a punta. Questa, ci spiega il maestro pasticcere, è una peculiarità della zona di produzione che, da lui, è stata “esasperata” e trasformata in un vezzo. Utilizzano ancora le canne da fiume per realizzare le scorze che sono le più scure tra le quattro; la crema di ricotta è la più grezza, non ci sono canditi. Nell’impasto della buccia viene aggiunto dell’olio d’oliva, di loro produzione come la farina di grano duro utilizzata. Gli altri due cannoli, quello di Clesceri e quello dei fratelli Biscari, sono i più simili tra loro: la crosta è dorata, la crema abbastanza liscia, dolce e sono presenti i canditi. Il cannolo che rappresenta Santa Cristina Gela è l’unico preparato con farina di Maiorca (grano tenero antico ed autoctono) macinata a pietra.
A decretare il miglior cannolo di Sicilia, oltre alla giuria tecnica, è stato il voto popolare che è si è rivelato decisivo. Infatti, per la prima volta si è verificato un ex equo tra Fulgatore e Santa Cristina Gela. In questo caso, la vittoria viene data a chi ha ricevuto il voto della giuria popolare che per il terzo anno consecutivo ha premiato il cannolo del Caffè del Corso Fratelli Biscari di Santa Cristina Gela. Noi, sinceramente, abbiamo apprezzato tutti i cannoli in gara ed è stato bello provarne versioni diverse. Ad unirle, però, sono stati la passione e l’estro dei nostri pasticceri siciliani!
Ps: sulla nostra pagina Instagram troverete tra le storie in evidenza la storia e le regole d’oro per un perfetto Cannolo Siciliano, non perdetele!